Sono passati ormai otto anni dal ritorno di Crash Bandicoot con la N. Sane Trilogy, remake dei tre capitoli più amati dell’intera serie. Ed è proprio in questo titolo che si riscontra una delle aggiunte che più sorpresero all’epoca: Coco Bandicoot, la sorella di Crash, resa giocabile come personaggio alternativo.
Questa scelta si è dimostrata molto convincente agli occhi della fanbase, tanto che venne deciso di replicarla anche in Crash Bandicoot 4: It’s About Time!.
Ma è tutto qui, oppure c’è dell’altro? Andiamo per gradi.

Origini della Bandicoot
Nata per sostituire il personaggio di Tawna Bandicoot, Coco doveva presentare caratteristiche differenti da quest’ultima, nel tentativo di conferirle maggiore appeal per il pubblico giapponese.
Per questo la prima concept art di Coco fu commissionata a uno degli artisti di Ape Escape e successivamente rielaborata da Charles Zembillas.
Rispetto alla bandicoot del gioco precedente, non era più una “principessa da salvare”, ma un personaggio attivo nella narrazione, impegnato ad aiutare il fratello a scoprire le vere intenzioni del malvagio Dottor Neo Cortex, sfruttando le sue vaste conoscenze nel campo della tecnologia.
Inutile dire che divenne presto uno dei personaggi più amati del franchise, diventando un’altra spalla del peramele arancione, oltre ad Aku Aku.
A partire da Warped iniziarono i tentativi di renderla giocabile, anche se in questo primo caso venne limitata a sezioni di contorno, non nei livelli puramente platform.
Fu con Crash Bandicoot: L’Ira di Cortex che Coco Bandicoot divenne per la prima volta giocabile in un livello platform.
Il risultato? Purtroppo, non dei migliori. Non solo non differiva molto dal moveset di Crash, ma dava addirittura la sensazione di poter fare meno del fratello — un vero peccato.
Un secondo tentativo era previsto in Twinsanity, nei piani originali dei Traveller’s Tales Oxford Studios: Coco avrebbe dovuto avere livelli ambientati in un mondo sci-fi in stile Matrix, con un moveset ispirato al kung fu.
Purtroppo, l’idea venne scartata e non vide mai la luce.
Si dovette attendere Crash: Il dominio sui mutanti per un nuovo tentativo. Anche qui, similmente a quanto si vedrà poi nella N. Sane Trilogy e in Crash 4, il parco mosse della bandicoot rimase praticamente identico a quello del fratello.
E infine arriviamo ai giorni nostri: Coco Bandicoot è giocabile sia nel remake che nel nuovo titolo platform, e persino nel — purtroppo fallimentare — Crash Team Rumble, con alcune piccole aggiunte al suo moveset per differenziarla, anche se nel complesso restano molto simili.

Una presenza tale da oscurare il protagonista?
Per questa sezione prenderemo in esame Crash 4, non solo perché è il titolo più recente, ma anche perché presenta un possibile problema che potrebbe ripresentarsi in futuro, se si continuerà su questa strada.
Rendere Coco Bandicoot giocabile come alternativa al protagonista fin dalle fasi iniziali del gioco rischia di mettere in secondo piano Crash stesso.
Soprattutto nelle cutscene, dove sono presenti più personaggi in grado di parlare, Crash — essendo un personaggio muto — rischia di risaltare di meno, se non si è capaci di valorizzarlo adeguatamente.
Il fatto poi di poter completare l’intero gioco nei panni della sorella non aiuta certo a ridurre questa sensazione.
Inoltre, d’altro canto, non si dà nemmeno alla bandicoot l’opportunità di avere sezioni totalmente dedicate a lei, riducendo così i possibili spunti — narrativi e di gameplay — che potrebbe offrire.
Di per sé, questi non sono difetti tali da rovinare l’esperienza generale del gioco, ma è innegabile che, a lungo andare, la meccanica possa diventare stantia se non ben calibrata.
Tuttavia, il problema più grande non è questo.

Potenziale non sfruttato
Ridurre Coco Bandicoot a semplice personaggio alternativo di Crash, dotandola del suo stesso moveset, la fa apparire come una mera “skin” dal punto di vista del gameplay, senza offrire veri spunti alternativi.
Inoltre, così facendo non si riesce a valorizzare uno degli elementi chiave del personaggio: le sue competenze tecnologiche.
In Crash Team Rumble si è tentato di differenziarla, ma nemmeno in questo caso si è riusciti a farlo percepire appieno, limitandosi a piazzarla nella categoria dei Potenziatori.
Il gameplay di un personaggio può spesso diventare lo specchio della sua caratterizzazione, rendendo tangibile la sua identità anche senza bisogno di dialoghi in-game.

Prendiamo, ad esempio, Bentley dalla saga di Sly Cooper.
Rispetto a Sly e Murray, Bentley non solo ha meno punti vita, ma è anche più debole, trovandosi quindi in maggiore pericolo durante gli scontri. Tuttavia, compensa con un arsenale di gadget, come il proiettile soporifero per stordire i nemici, dandogli il tempo di piazzare una bomba e sconfiggerli.
Non è agile come il procione, ma può comunque raggiungere altezze considerevoli grazie ai potenziamenti sbloccabili in Sly 3.
Questa è una chiara dimostrazione di come, a volte, basti poco per rendere il gameplay di un personaggio capace di esprimerne la personalità senza ricorrere a dialoghi o descrizioni di sorta.
Nel caso della nostra bandicoot, si potrebbe seguire un approccio simile: dotarla finalmente di gadget utilizzabili, permetterle di hackerare sistemi di sicurezza per sbloccare nuovi percorsi nei livelli e così via. Le possibilità sono infinite.

Conclusioni
Per quanto possa essere un’aggiunta capace di soddisfare una certa fascia di utenza, rendere Coco Bandicoot giocabile in qualsiasi momento del gioco — e con lo stesso parco mosse del protagonista — può portare a delle complicazioni, oltre a non sfruttare appieno le potenzialità del personaggio.
Solo il tempo ci dirà se gli sviluppatori continueranno su questa strada o se decideranno finalmente di renderle giustizia, donandole un moveset tutto suo, magari con mosse di kung fu o gadget inventati da lei stessa.




