Oggi facciamo un ripasso di storia.
Un anno di discrimine per il franchise di Crash Bandicoot è stato il 2019: l’anno di uscita di Crash Team Racing Nitro-Fueled. Senza fermarsi sulla nostalgia per quel periodo fatto di pura trepidazione per il futuro della serie, ho ripetuto in molte sedi, sul forum come nelle live di Gianchio98, è che lo spirito di quel gioco è stato un unicum dal 2016 ad adesso. L’anno di supporto e di aggiornamenti per CTR è stato l’unico momento di conciliazione che io abbia vissuto nel fandom di Crash.

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Intendo che il dibattito mensile non fosse sul pelo nell’uovo dell’ultimo gioco di Crash (ahimé, povero Crash 4) ma soltanto su cosa avrebbero aggiunto il mese seguente. Uno spin-off in cui vedevamo aggiunti man mano personaggi della serie ha unito un po’ tutti. Forse in realtà è proprio questo il ruolo degli spin-off in un franchise, cioè di fare da coagulante gettando liberamente fanservice.

Il franchise ha avuto una traiettoria sostanzialmente conservatrice dal 2016 in poi: dapprima un remake, poi un secondo remake, infine un sequel che riprende da dove ha lasciato Crash 3. La fanbase di Crash non è mai stata largamente d’accordo su nulla se non sulla premessa che i primi giochi fino a CTR siano stati il picco della serie.

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Quel che è venuto dopo… un po’ meno.

Gli otto anni di vuoto hanno lasciato solo dibattito, una sorta di caso da risolvere riguardanti chi ha ucciso Crash e come: negli anni si è sciolto con la scoperta che l’ha ucciso Radical, non con Titans o MoM ma col development hell di Crash Landed.

L’annuncio della Trilogy portò quasi tutti in visibilio, ma non pochi storsero il naso: la N. Sane era la scelta sicura certo, ma tornare con qualcosa di vecchio suscitò vivaci dibattiti. Activision però in quel caso ci vide giusto. Fu un enorme successo commerciale e portò di nuovo Crash alla ribalta.

L’annuncio di un altro remake sollevò da alcuni grandi entusiasmi, da altri (specie sul forum) un senso di frustrazione. Specie dal sottoscritto, che con la sua impazienza di tredicenne già non vedeva la necessità di rifare tre giochi che funzionavano perfettamente.
Eppure, in breve tempo CTR si tramutò in una lettera d’amore verso tutta la serie. Le piste raddoppiarono, arricchite da quelle di CNK che Beenox riuscì a rendere, pur sacrificando l’antigravità, molto più distinte e iconiche delle originali. Arrivò una caterva di personaggi, poi le skin e la customizzazione del kart.

E infine i Grand Prix: ogni mese una nuova pista, nuovi personaggi e contenuti. Con un paio di sfortunate eccezioni, Beenox aggiunse qualcosa da ogni gioco di Crash. Perfino Yaya Panda, che usciva da un gioco per iPhone di cui a stento si ricordava chi l’aveva fatto.
Lo ricordano tutti come l’unico periodo in cui non ci si scannava. Crash On The Run sembrava voler proseguire su questo filone. Se il fanservice può mandare avanti un gioco mobile, però, non poteva tirare avanti la serie principale. Crash 4 è un titolo bizzarro, che osa e non osa ma risulta tecnicamente eccellente: è stato a merito un successo critico e commerciale. Eppure, in qualche modo, anch’esso è riuscito ad essere in qualche modo polarizzante fra i fan sfegatati.

Troppo difficile, troppo simile ai vecchi, troppo diverso dai vecchi, il pallino giallo che aiuta a saltare, le maschere gimmick, l’era PS2 retconnata via. I malumori, con il tragico biennio 2021-2022, non sono che peggiorati. Il misterioso “Wumpa League” pareva costantemente rimandato, OTR è uscito mutilo ed è morto dopo pochi mesi e il famigerato cartone animato è stato cancellato nonostante le grandi speranze nutrite da molti (e con esso sono morte le speranze di un brand multimediale). L’hype attorno a Team Rumble si è purtroppo dissolto come neve al sole. Ancora, non per colpa degli sviluppatori: e ora c’è chi vorrebbe direttamente Crash 5 (a buona ragione).

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Qual è il fulcro della questione? Che non siamo mai contenti di nulla, sostanzialmente. Per carità, non accontentarsi è fondamentale: fan che acquistano ciecamente prodotti scadenti senza muovere critiche sbagliano e aiutano a creare circoli viziosi. Ma Crash non è mai stato scadente nell’ultimo decennio, tutt’altro.

C’è anche un altro fattore importante, però: intendo che la divisione di una fanbase nasce ed è alimentata non da influencer e opinionisti vari (che semmai allargano il solco), ma dalle scelte dei publisher e degli sviluppatori. E quando si radicano non scompaiono: sono frutto degli ultimi trent’anni in cui la nostra amata mascotte ha cambiato software house come calzini. E tutt’ora lo fa.

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Il problema è che queste divisioni si riversano nell’opinione pubblica, perché aiutano a influenzare l’idea generale che viene a farsi dei prodotti. Non ho soluzioni, ma se Beenox per quel piccolo periodo c’è riuscita, dico solo che conviene recuperare lo spirito di CTR se i piani alti hanno alcuna intenzione di sanare il fandom (siccome i nuovi giochi puntano ad un nucleo radicato di veterani, qualche interesse dovrebbero averlo). Non col fanservice a manetta, per carità. Non si può fare fuori dagli spin-off.

Ma accontentare a poco a poco un po’ tutti, se è realisticamente impossibile, dovrebbe essere l’obiettivo. La parola chiave è ambizione. L’ambizione di creare un prodotto per tutti. Chissà su cosa litigheremo dopo CTRumble? Chi lo sa. Ma nel frattempo speriamo che venda, così qualcosa ce l’avremo.