Quando si parla di Crash Bandicoot e dei suoi spin-off, il pensiero corre quasi sempre a Crash Team Racing, il capolavoro firmato Naughty Dog che ancora oggi viene considerato un punto di riferimento del genere kart-racing. Eppure, nel 2003, su PlayStation 2, Xbox e GameCube arrivò un seguito ufficiale: Crash Nitro Kart. Un gioco che, a distanza di più di vent’anni, divide ancora i fan e che rimane avvolto in una sensazione di “occasione mancata”.
Un cuore pulsante di buone idee

Nitro Kart non era un progetto qualunque: dietro c’era la volontà di Vivendi e Vicarious Visions di riportare in auge l’universo di Crash con un sequel diretto di CTR. In molti aspetti ci riuscì.
- Le musiche erano trascinanti, con un tema principale che ancora oggi viene ricordato come uno dei migliori della saga.
- I tracciati erano ben pensati, vari e fedeli allo stile colorato e surreale del mondo di Crash.
- Le cutscene offrivano momenti comici e caratterizzanti per i personaggi, mantenendo lo spirito folle della serie.
- I boss erano nuovi e carismatici, da Velo a Geary, capaci di arricchire il roster e la narrativa.
- Persino la storia riusciva a catturare, proponendo un’avventura spaziale in pieno stile cartoon.
Insomma, sulla carta c’era quasi tutto. Però…
Il problema che affonda il kart

Il vero tallone d’Achille di Crash Nitro Kart? La guida.
I giocatori ancora oggi ricordano come il feeling con i kart fosse pesante, “goffo”, con una fisica poco reattiva. Troppo spesso si aveva la sensazione di dover lottare contro il veicolo piuttosto che con gli avversari. Secondo molti fan, il gioco funzionava bene “per il 60%”, ma il restante 40% bastava a frustrare e compromettere l’esperienza.
A peggiorare la situazione contribuiva anche un ritmo di gara più lento, con una percezione della velocità inferiore rispetto a CTR, e una quantità ridotta di tracciati: 13 contro i 18 del predecessore. Un dettaglio che, sommato al fatto che i boss non erano nemmeno giocabili (tranne che nella versione GBA), lasciò l’amaro in bocca.
Lo spirito Naughty Dog, ma senza l’anima

Eppure, diversi fan riconoscono a Nitro Kart un merito unico: quello di aver saputo catturare, più di molti altri titoli post-Naughty Dog, lo spirito artistico e narrativo della trilogia originale.
Dalle ambientazioni alle interazioni tra i personaggi, passando per la direzione artistica, CNK sembrava quasi un Crash di Naughty Dog dell’era PS2. Ma era un Crash che non riusciva a carburare, penalizzato da un gameplay che non reggeva il confronto con CTR.
Una seconda vita in Nitro-Fueled

Se oggi Crash Nitro Kart viene ricordato con affetto, lo si deve soprattutto a Crash Team Racing: Nitro-Fueled. Il remake del 2019 ha infatti recuperato tracciati e personaggi di CNK, permettendo a quelle idee e a quel design di brillare senza i limiti tecnici e di gameplay dell’originale.
L’occasione mancata per eccellenza

Crash Nitro Kart rimane un titolo controverso. Amato per il suo stile, la sua colonna sonora e il cast di personaggi, ma criticato per la sua guida macchinosa e per la mancanza di contenuti. È stato il sequel che aveva tutto per essere grande, ma che si è perso nella curva più importante: quella del gameplay.
Un peccato, perché a guardarlo da vicino, CNK non era affatto un brutto gioco. Era solo un gioco che avrebbe potuto essere molto di più.




