Se l’uscita di Crash Bandicoot N.sane Trilogy nel giugno 2017 ha dimostrato qualcosa, è che la maggior parte della comunità di videogiocatori vede ancora l’era classica di Crash Bandicoot come se fosse un’unica trilogia di giochi, nonostante ci siano stati in realtà quattro titoli principali usciti tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, aka il periodo d’oro di Crash.

E, a dirla tutta, perché non dovrebbero? I primi tre giochi di Crash sono stati tutti dei classici indiscussi, con l’introduzione di una delle mascotte più riconosciute nel mondo dei videogiochi e un’interpretazione unica dei platform 2D e 3D. Crash Bandicoot, Cortex Strikes Back e Warped hanno venduto circa quindici milioni di unità, hanno tutti un punteggio Metacritic di circa 80 punti e possiedono tutti un fascino unico che si esprime perfettamente in ogni gioco.

Tuttavia, le lodi per questo terzetto di giochi hanno portato a giudicare ingiustamente e a trascurare molti altri giochi del franchise. Twinsanity ha avuto i suoi momenti di gloria, ma è il quarto titolo della serie, Wrath of Cortex, a non aver avuto la possibilità di ottenere il riconoscimento che merita. Ecco un resoconto completo del perché Wrath of Cortex viene prontamente liquidato dai fan di Crash, di tutte le cose che sono successe durante il suo sviluppo e di come sia in realtà una piccola perla di gioco che non tutti hanno potuto apprezzare.

Problemi dietro le quinte

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Crash Bandicoot: Wrath of Cortex è senza dubbio una delle pecore nere della serie di Crash. Uscito nell’ottobre 2001 per PS2 e successivamente nell’aprile e nel settembre 2002 per Xbox e Nintendo GameCube, il gioco segue la storia del Dr. Neo Cortex e della sua nuova superarma, Crunch Bandicoot, che si alleano con i temibili Elementali della Terra per sconfiggere Crash. I giocatori assumono il controllo di Crash e di sua sorella Coco Bandicoot in una serie di vivaci ambienti platform, scappando da disastri naturali e prendendo il controllo di un numero di veicoli mai visto prima per raccogliere 25 cristalli che fungono da fonte di energia per Crunch.

Il gioco presenta una palette di colori migliorata, una migliore grafica per i personaggi e un’abbondanza di nuovi veicoli da guidare, ma ha un indice di gradimento contrastante a causa di vari problemi tecnici e di un’atmosfera apparentemente identica a quella del resto della serie.

In effetti, Toys for Bob e Activision sembravano così desiderosi di prendere le distanze da Wrath of Cortex che hanno persino dato un nome al loro gioco del 2020: Crash Bandicoot 4: It’s About Time, nonostante ovviamente non sia il quarto gioco della serie. Il primo quarto titolo è un gioco che è stato deriso dai fan, o addirittura dimenticato completamente dalla community.

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Ma questo significa che è giusto far finta che un intero gioco non sia esistito? Wrath of Cortex è davvero così brutto?

La verità è che, qualsiasi lamentela si possa avere, non è necessariamente colpa dello sviluppatore. Il designer principale Mark Cerny, che aveva progettato i primi tre giochi del franchise, aveva in mente di portare il gioco su una nuova strada con il progetto, originariamente chiamato Crash Bandicoot Worlds, che si supponeva ruotasse intorno al free-roaming di Crash attraverso vivaci mondi aperti e alla risoluzione di enigmi per progredire, un po’ come Twinsanity aveva proposto un paio di anni dopo.

I disaccordi tra Universal, Sony e Mark Cerny hanno fatto sì che il progetto originale fosse costretto a ripartire da zero, e a Travellers Tales sono stati concessi solo dodici mesi per realizzare tutto. Forse questo spiega perché le cose sono sembrate un po’ affrettate e raffazzonate.

Tuttavia, per una certa generazione di giocatori, Wrath of Cortex è stata la prima introduzione alle avventure di Crash, Coco, Dr. Neo Cortex, Aku Aku e altri, e per loro è ancora uno dei giochi simbolo della loro infanzia. Il gioco presenta numerosi aspetti positivi che sono stati ingiustamente trascurati nel corso degli anni e una pletora di caratteristiche introdotte da cui persino la serie prende ancora oggi spunto.

Ne vale la pena per l’Atlasfera

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Uno dei motivi principali per cui Wrath of Cortex è un gioiello sottovalutato che deve essere conosciuto da più persone è l’aggiunta dei livelli con l’atlasfera, una caratteristica che non ha ancora fatto il suo ritorno nel franchise ma che è attesa da tempo.

I livelli prevedono che Crash venga gettato in una palla di vetro, che i giocatori devono manovrare attorno a varie piattaforme e ostacoli fino all’obiettivo finale.

Uno dei temi chiave fin dalle prime fasi della visione iniziale di Cerny per il gioco è stato il senso di realismo dei livelli e del loro design, in contrasto con le stravaganti ambientazioni fantastiche dei tre titoli precedenti. È con i livelli dell’atlasfera che questa visione si avvicina di più alla realizzazione, con la fisica realistica della sfera che consente un ritmo più lento e più favorevole all’esplorazione e con enigmi che corrispondono davvero a quello che doveva essere il gioco originale.

Louis Bedigian di Gamezone ha affermato che questi livelli erano così buoni che: “Traveller’s Tales potrebbe sviluppare un intero gioco basato solo sui livelli con le sfere”. Questi livelli illustrano il potenziale che il gioco aveva dietro la sua visione originale e quanto sarebbe potuto essere buono se gli sviluppatori avessero avuto la possibilità di costruire le cose partendo da queste solide fondamenta.

Ciononostante, questi livelli sono ancora tra i più singolari e divertenti della serie di Crash e meritano una maggiore valorizzazione.

Sembra… figo?

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Per quanto innegabilmente grandiosi siano i primi tre giochi di Crash Bandicoot, non si può negare che siano tutti piuttosto simili tra loro. Con tutti e tre i giochi usciti nell’arco di meno di tre anni, la cosa non deve sorprendere, ma con l’eccezione di alcuni dei livelli più significativi di ciascuno dei giochi, non c’è un vero e proprio modo in cui un giocatore possa distinguere un Cortex Strikes Back da un Warped.

Tutto questo però cambia con Wrath of Cortex. Nonostante sia uscito solo due anni dopo Warped, Wrath of Cortex ha beneficiato delle capacità tecniche di una nuova generazione di console, come dimostrano la palette di colori vivaci, le animazioni più appariscenti e le immagini molto più dettagliate.

Mentre la versione PS2 è ovviamente un grande passo avanti rispetto alle sue controparti PS1, la versione Xbox del gioco (rilasciata sei mesi dopo la versione PS2) è quella in cui la grafica spicca davvero. Il dettaglio di Crash e dei livelli è davvero un passo avanti molto sottovalutato per la serie, che meriterebbe maggiore importanza.

Naturalmente, la grafica non può e non deve salvare un gioco che manca di sostanza, ma Wrath of Cortex è forse il primo gioco della serie dopo l’originale a stabilire una vera e propria identità. Mentre gli altri giochi della serie originale si distinguono a fatica, qualsiasi giocatore può dare un’occhiata a un qualsiasi livello di Wrath of Cortex e nominare immediatamente il gioco da cui proviene.

Personaggi malvagi da morire

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Per la generazione di fan che ha conosciuto Crash con L’ira di Cortex, le maschere cattive elementali introdotte nel gioco erano i primi cattivi che avessero mai visto. E, ancora oggi, rimangono tra gli antagonisti più originali da far combattere con il Bandicoot geneticamente modificato.

Seppur la versione italiana abbia un doppiaggio molto poco memorabile, uno degli ultimi lasciti di un’epoca in cui i doppiaggi dei videogiochi avevano rari picchi di professionalità ed il livello era comunemente basso per ogni produzione videoludica, la versione americana originale mostrava i denti con un cast stellare preso direttamente da Hollywood, con attori che all’epoca erano all’apice del loro successo.
Clancy Brown è tornato dai giochi precedenti per fornire la sua perfetta voce da cattivo sia per il Dr. Neo Cortex che per Uka Uka, e ancora una volta si distingue nel suo ruolo. Abbiamo poi Kevin Michael Richardson per Crunch Bandicoot, mentre gli Elementali, costituiti da Rok-Ko, Wa-Wa, Py-Ro e Lo-Lo, sono doppiati da Thomas F. Wilson (Ritorno al Futuro), R. Lee Ermey (Full Metal Jacket), Mark Hamill (Star Wars) e Jess Harnell (Animaniacs, ed in futuro proprio Crash Bandicoot) rispettivamente.
Il gioco introduce per la prima volta Crunch Bandicoot e altri quattro cattivi elementali alla fine di ogni livello delle rispettive Warp Room con cui Crash, Coco e Aku Aku dovranno combattere.

Ognuno di questi quattro Elementali ha una personalità e un potere diversi e contribuiscono a far sentire ogni scontro con Crunch come una battaglia con un boss differente e una degna conclusione di ognuno dei 5 mondi. E per i fan e i critici che si lamentano della presunta facilità del gioco, le battaglie con i boss in Wrath of Cortex sono sempre pronte a regalare ore di momenti frustranti, divenuti un punto fermo della serie.

Un gioco sottovalutato, anche se imperfetto

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Nel complesso, c’è molto da apprezzare in Crash Bandicoot: L’ira di Cortex, sicuramente una quantità più che sufficiente per giustificare almeno una giocata per quei giocatori là fuori che l’hanno cancellato dalla loro memoria. La musica è ottima, la grafica è un passo avanti e ci sono una manciata di livelli e battaglie con i boss che meritano di essere accostati ai momenti migliori dei tre acclamati giochi che lo hanno preceduto.

La formula è stata ripresa dai giochi precedenti, ma Wrath of Cortex raramente dà l’impressione di essere una palese scopiazzatura. Nel peggiore dei casi, si tratta di un gioco frettoloso con una formula sicura che gli sviluppatori sapevano di poter portare avanti, mentre nel migliore dei casi è… un altro gioco di Crash Bandicoot. Alcuni livelli sono facili, altri sono difficili da superare, altri sono originali e memorabili e altri ancora sono un supplizio, ma tutti riescono a rientrare nel concetto di ” irritante ma comunque divertente” su cui il franchise di Crash Bandicoot ha costruito la sua fama.

Tuttavia, ciò che rimarrà sempre impresso in L’ira di Cortex è il pensiero di ciò che avrebbe potuto essere. Se si crede ai progetti originali, c’era molto potenziale, con i colori vivaci e gli elementi rompicapo che spiccavano come parti migliori del gioco e che ricordavano ai giocatori che questi sarebbero potuti essere il fulcro del gioco se Mark Cerny avesse avuto la meglio.

Tuttavia, questo è il gioco che ha introdotto molti giocatori alla serie di Crash Bandicoot e merita molto più rispetto di quanto ne abbia ricevuto. I suoi difetti possono essere sotto gli occhi di tutti, ma questo fa parte del fascino del gioco e gli conferisce un’identità propria.

Difetti e imperfezioni non sono sinonimo di bruttezza, dopotutto.